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Lo scorso 23 marzo il Sottosegretario alla cultura con delega all’Unesco Gianmarco Mazzi, insieme al Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida e al Ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, hanno ufficializzato la presentazione del dossier di candidatura della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’Unesco.
Un dossier dove il cibo e il patrimonio gastronomico vengono indicati come elementi culturali indissolubilmente legati all’identità del nostro paese. “Una candidatura importante – ha commentato lo chef patron Giovanni Guarneri – che contribuirà a proteggere le tradizioni culinarie che si sono stratificate nel corso dei secoli nei territori regionali, formando cucine estremamente varie e differenti dal Nord al Sud Italia e che. perfino all’interno delle stesse cucine regionali. presentano interessantissime diversificazioni. Le venti cucine regionali italiane sono il più grande patrimonio del Paese, al pari di quello architettonico e paesaggistico, perché ogni cucina racchiude nella sua essenza cultura, storia, biodiversità, estro. Un patrimonio che comprende tutte le tradizioni gastronomiche che si sono susseguite nei secoli da quelle nobiliari a quelle povere, fino allo street food, e che per questo va tutelate e rispettate. La cucina italiana è unica al mondo proprio per la sua infinita varietà di saperi e di tradizioni locali”.
Un messaggio più che mai attuale quello dello chef Guarneri, che con la cucina del suo Don Camillo di Siracusa si conferma ambasciatore del territorio e autentico custode del patrimonio gastronomico della cucina italiana, con una selezione di piatti che da trentotto anni interpretano il rispetto della tradizione e la valorizzazione della materia prima locale. Rappresentativi in tal senso due piatti iconici del menu e, per questo, stagionalità permettendo, sempre presenti. Due piatti che interpretano, da un lato, la storicità non solo del ristorante, ma della cucina italiana tutta, dall’altro, il rispetto della materia prima valorizzata in un linguaggio attuale. Uno è il piatto che probabilmente più rappresenta l’Italia nel panorama culinario mondiale, la pasta al pomodoro o, nella versione del Don Camillo, gli spaghetti ai tre pomodori di Pachino, l’altro è una preziosa gemma del terroir siracusano, il gambero viola di Capo Passero, che qui viene marinato al gin e sale di Mothia, affumicato al ginepro e servito su maionese di ostriche e alga croccante.
Due piatti iconici che rappresentano il profondo rispetto per l’identità della materia, del territorio e della tradizioni gastronomiche, ma che vengono integrati in abbinamenti nuovi e inusuali ma sempre equilibrati, creando così quelle “nuove tradizioni” che tanto caratterizzano il lavoro dello Chef Giovanni Guarneri.
Il ristorante
Posizionato nel cuore di Ortigia, Don Camillo, con i suoi tavoli sotto le secolari volte in pietra, è un luogo di semplice eleganza dove gustare piatti ricercati e godere di una cantina tra le più interessanti e premiate dell’isola, con una selezione di circa 700 etichette su cui spiccano verticali di gran prestigio.
Un ristorante che da trentotto anni rappresenta l’eccellenza della cucina siciliana, una vera e propria istituzione gastronomica sul territorio siciliano.
Gli spaghetti ai tre pomodori
“Gli spaghetti ai tre pomodori – spiega lo chef – sono un classico per cui nutro grande rispetto che, in tutto il mondo, viene identificato come la pasta per eccellenza. Un primo che io stesso amo mangiare spesso e che mi dà grande piacere cucinare. È il piatto di cui, grandi e piccini, mi chiedono più spesso il bis, e questo mi riempie di gioia. È la ricetta più amata dai bambini, ma anche quella che più incuriosisce gli adulti, che vedendola presente in un ristorante di alta fascia come il Don Camillo, arrivano alla conclusione di doverlo assolutamente provare.”
Un piatto semplice ma da non sottovalutare, la cui esecuzione, data troppo di sovente per scontata, può mettere in difficoltà anche i cuochi più blasonati. Per realizzarlo, lo chef Guarneri utilizza tre tipologie di pomodoro locale al fine di restituire tre differenti sensazioni gustative: la salsa viene preparata utilizzando pomodoro datterino, rinomato per la sua dolcezza, e pomodoro a grappolo che, con la sua maggiore acidità, equilibra il sapore. A questa viene aggiunto, in un secondo momento, pomodoro ciliegino saltato in padella con cipolla bianca già stufata, che conferisce al piatto maggiore dolcezza, e basilico. La pasta viene velocemente mantecata nel condimento e ultimata con un filo di olio extravergine di oliva DOP Monti Iblei. Inoltre, per venire incontro alla memoria di ogni commensale, al tavolo viene servita con Parmigiano Reggiano a richiesta.
I gamberi al gin
Di recente introduzione, in carta solo dal 2019, i gamberi al gin sono uno degli antipasti più richiesti dagli ospiti del Don Camillo e quello che forse più rappresenta il trait d’union tra lo chef Guarneri e il suo territorio. Qui la materia prima è protagonista e non è un caso che lo chef abbia scelto di utilizzare il Gambero viola di Capo Passero che, oltre a essere pescato nelle acque siracusane, si caratterizza per una carne particolarmente soda e una testa molto succulenta. In mancanza del prodotto, mantenendo l’identità territoriale, il piatto viene realizzato con il Gambero rosso di Ortigia. Si procede profumando in osmosi il gin con le scorze del Limone di Siracusa IGP, di cui lo chef è ambasciatore, che viene poi filtrato. Si sguscia il gambero lasciando testa e coda e si passa velocemente nel succo di limone leggermente salato. I gamberi vengono quindi spruzzati di gin, conditi con sale di Mothia e con un filo d’olio extravergine di oliva, sempre rigorosamente DOP Monti Iblei, serviti su alghe locali e accompagnati da una golosa maionese all’ostrica. Il piatto viene portato al tavolo sotto una cloche in vetro, sollevata la quale gli ospiti potranno godere del profumo dell’affumicatura di legno di quercia agli oli essenziali di ginepro che conferisce al piatto un aroma delicato e piacevole.
“La profumazione dell’affumicatura con oli essenziali – racconta lo chef – è una pratica che uso da sempre. Mi piace molto la reazione degli ospiti che, colpiti inizialmente dalla presentazione scenografica, rimangono poi sorpresi per la riuscita del piatto anche al palato. Una ricetta che può sembrare complessa nella sua preparazione, ma che è realizzata attraverso abbinamenti semplici e golosi, in cui la freschezza e la qualità della materia prima sono protagoniste. Credo che questo dovrebbe essere il vero compito di ogni cuoco: raccontare il territorio attraverso i suoi prodotti”.