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Beni confiscati alle mafie, un libro racconta limiti della gestione e prospettive

C’è un libro che vale la pena di leggere per capire cos’è oggi il mondo dei beni sequestrati o confiscati alla mafia (alle mafie). Il libro si intitola, semplicemente, “I beni confiscati alla criminalità organizzata” e lo ha scritto Rosa Laplena, tra i pochi veri esperti in Italia. Lo ha pubblicato una piccola casa editrice palermitana, la Mediterr, e se vi capita leggetelo, studiatelo, fateci sopra alcune riflessioni perché in controluce, questo libretto (122 pagine, 15 euro) rivela parecchie cose.

Il libro, che sarà presentato domenica 11 giugno a Palermo nell’ambito di Una Marina di libri e che potete acquistare anche qui, ci dice, per esempio, perché la vera lotta alla mafia (quella di ridare funzione sociale a beni e aziende acquisti o costruiti con il sangue dei morti ammazzati e dei traffici illeciti) è stata fin qui una lotta zoppa le cui difficoltà sono state camuffate con la retorica e le sfilate nelle varie cerimonie. Sfilate e retorica che non appartengono alla cultura di Rosa Laplena che rifugge i nastrini e ama sporcarsi le mani con il lavoro quotidiano. Lo fa da 23 anni confrontandosi con il mondo opaco degli interessi che gravitano attorno a questo mondo: ci sono i soldi, i picciuli, e quindi tutti i poteri si mettono in moto per tutelare quei soldi e quegli interessi. Bisogna avere il fegato resistente. E Rosa, finora, lo ha avuto.

«I beni confiscati alla criminalità organizzata costituiscono un incredibile patrimonio restituito (ma anche da restituire) alla comunità nazionale alla quale dalla stessa è stato sottratto, e quotidianamente continua a essere sottratto, con violenza, frode e altre attività illecite – scrive nella prefazione l’ex magistrato Giuseppe Di Lello – . Di questi beni si occupa il presente saggio di Rosa Laplena, ricomponendo il complesso quadro normativo, così come si è andato evolvendo e migliorando nel corso degli anni a partire dalla Legge Rognoni – La Torre del ’82, proseguendo con la Legge 109/1996 per la destinazione “sociale” di detti beni ed altre modifiche, attente innanzitutto ad ampliare la platea dei beneficiari e cercare di migliorare le strutture operative in campo nazionale e sul territorio».

Diverse le angolazioni dalle quali l’autrice ha trattato i beni confiscati – associativo, istituzionale e della cooperazione – con l’obiettivo principale di mettere a disposizione del lettore un quadro oggettivo della reale situazione del patrimonio confiscato nel nostro Paese. In tale contesto, si è cercato di far evincere, in termini numerici e descrittivi, come abbia inciso l’applicazione della legge Rognone – La Torre sull’azione dello Stato nella lotta alle consorterie mafiose tramite lo strumento della confisca. Un lavoro di analisi che porta anche proposte concrete per l’utilizzo dei beni confiscati, atte a sviluppare politiche pubbliche di sviluppo e coesione territoriale, con l’indicazione dei possibili “rimedi” alle carenze legislative e organizzative di volta in volta indicate, nonché con il coinvolgimento del Terzo settore e soprattutto del mondo della cooperazione inspiegabilmente ignorato.

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