L’Unione Europea, con il Regolamento (UE) 2023/1115, è stata chiara: nessun prodotto legato alla deforestazione potrà più essere commercializzato nel mercato europeo. L’obiettivo è ambizioso: proteggere le foreste, combattere il cambiamento climatico e fermare un processo che, dal 1990, ha cancellato 420 milioni di ettari di boschi nel mondo. Una perdita che non è solo […]
La Sicilia nel 2016 è cresciuta dello 0,3% e ha scontato gli effetti negativi dell’agricoltura: nell’isola l’industria (ancora in calo dello 0,8%) e le costruzioni che hanno registrato una flessione dello 0,5% stentano a invertire il trend mentre il settore dei servizi ha un andamento poco più che stazionario con una crescita dello 0,4 per cento. Sono al ribasso dunque le stime contenute nell’anticipazione della Svimez. Meglio della Sicilia fa per esempio la Calabria il cui Pil si è attestato a +0,9%: questa regione ha vissuto un’annata agricola particolarmente negativa con una flessione dell8,9% mentre ha registrato un andamento favorevole dell’industria con una crescita dell’8,2%, con i servizi (0,7%) che confermano l’aumento positivo registrato nel biennio precedente. Non c’è paragone, poi, con la Campania e Basilicata. La Campania è la regione italiana, e non solo meridionale, che ha registrato nel 2016 il più alto indice di sviluppo. La crescita del 2,4% giunge al termine di un triennio, dal 2014 al 2016, tutto all’insegna di dati positivi. In Campania un ruolo trainante l’ha svolto l’industria, grazie anche alla diffusione di Contratti di Sviluppo, ma ha potuto altresì beneficiare del rafforzamento del terziario nell’ultimo anno, frutto prevalentemente del positivo andamento del turismo.
La Basilicata continua ad andare bene, è la seconda regione del Mezzogiorno e una delle prime d’Italia, anche se rallenta la crescita (da più 5,4% del 2015 a +2,1% del 2016). Va notato che l’industria lucana è in ripresa già dal 2014 e continua a tirare, sia pure con intensità diverse nell’ultimo triennio.
FORTE CALO DEGLI INVESTIMENTI PUBBLICI AL SUD
Terminata nel 2015 la fase di accelerazione della spesa pubblica legata alla chiusura della programmazione dei Fondi strutturali 2007-2013, per scongiurare la restituzione delle risorse comunitarie, nel 2016 c’è stata una severa contrazione della spesa pubblica in conto capitale. Nell’anno ha toccato nel Sud il punto più basso della sua serie storica, appena 13 miliardi, pari allo 0,8% del Pil.
PERSISTENTE AUMENTO DI POVERTA’ E DISEGUAGLIANZE
Nel 2016 circa 10 meridionali su 100 sono in condizione di povertà assoluta, contro poco più di 6 nel Centro-Nord. L’incidenza della povertà assoluta al Sud nel 2016 cresce nelle periferie delle aree metropolitane e, in misura più contenuta, nei comuni con meno di 50 mila abitanti. Nelle regioni meridionali il rischio di povertà è triplo rispetto al resto del Paese: Sicilia (39,9%), Campania (39,1%), Calabria (33,5%). La povertà deprime la ripresa dei consumi, e, in questo contesto, le politiche di austerità hanno determinato il deterioramento delle capacità del welfare pubblico a controbilanciare le crescenti diseguaglianze indotte dal mercato, in presenza di un welfare privato del tutto insufficiente al Sud.
RIPARTE L’OCCUPAZIONE MA NON INCIDE SULL’EMERGENZA SOCIALE
Nella media del 2016 gli occupati aumentano rispetto al 2015 al Sud di 101 mila unità, pari a +1,7%, ma restano comunque di circa 380 mila al di sotto del livello del 2008. L’aumento dei
dipendenti a tempo indeterminato in termini relativi è più accentuato nel Mezzogiorno, grazie al prolungamento della decontribuzione. Ma l’incremento degli occupati anziani e del part time
contribuisce a determinare una preoccupante ridefinizione della struttura e qualità dell’occupazione. La riduzione dell’orario di lavoro, facendo crescere l’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione, deprime i redditi complessivi. Il dato più eclatante è il formarsi e consolidarsi di un drammatico dualismo generazionale: in Italia rispetto al 2008 sono ancora un milione 900 mila i giovani occupati in meno. Per quel che riguarda i settori, nel 2016, aumenta l’occupazione nell’industria (+2,4%), mentre diminuisce nelle costruzioni (-3,9%). Significativo incremento nel turismo (+2,6%).
NUOVO DUALISMO DEMOGRAFICO
Il Sud non è più un’area giovane, né tanto meno il serbatoio di nascite del resto d’Italia: negli ultimi 15 anni, al netto degli stranieri, la popolazione meridionale è diminuita di 393 mila unità, mentre è aumentata di 274 mila nel Nord. Nel 2016 la popolazione del Sud è diminuita di 62 mila unità, calo determinato da una flessione di oltre 96 mila italiani e da una crescita di 34 mila stranieri. Nel Centro Nord il calo di popolazione è stato meno intenso: -14 mila unità. Negli ultimi 15 anni sono emigrati dal Sud 1,7 milioni di persone, a fronte di un milione di rientri, con una perdita netta di 716 mila: nel 72,4% sono giovani entro i 34 anni, 198 mila sono laureati.