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Palermo – A Palermo c’è voglia di corruzione che fa il paio con la voglia di mafia. Le parole, dure come le pietre, sono del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e sono state pronunciate nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario nell’aula magna della Corte d’appello del Tribunale di Palermo.
Parole forti che riportano la città ai periodi bui, ad anni che sembravano tramontati per sempre. E che invece sono tornati e li ritroviamo nei passi felpati di certi burocrati pubblici che trovano conveniente farsi corrompere e non si chiedono nemmeno se dietro il corruttore vi sia un’impresa mafiosa. Sanno di poter godere dell’impunità, quella garantita dalla prescrizione che, in assenza di reati di mafia, corre veloce e aiuta i criminali.
La mafia non usa come un tempo la violenza per intimidire ma usa la corruzione approfittando anche della disponibilità da parte dei funzionari pubblici che in questo sistema vedono per loro una indiscutibile convenienza: “Questi soggetti esterni – dice Lo Voi – vedono un loro tornaconto. E e indagini sulla corruzione e dunque sulla mafia sono sempre più difficili perché scompare il soggetto interessato a denunciare”. Nessuno a questo punto sembra interessato a denunciare: non per paura ma per convenienza.
“Resta solo la sensazione – dice Lo Voi – di avere solo scalfito il muro. Duole riscontrare come a differenza che con la mafia sia ancora in fasce una maura coscienza anticorruzione. Spesso in questi casi si tende a minimizzare, con una sottovalutazione basata su una sorta di giustificazionismo. Bisogna pensare a un provvedimento che spezzi l’asse mafia-corruzione, prevedendo meccanismi premiali per chi denuncia: la punizione di tutti i soggetti indistintamente non aiuta”.