Bancarotta fraudolenta in concorso. Con questa accusa a Catania sono finite agli arresti domiciliari quattro persone tra cui gli imprenditori Mimmo Costanzo e Concetto Bosco, fondatori del collosso delle costruzioni Tecnis finito in bancarotta nel giugno del 2017. In forza del medesimo provvedimento cautelare, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Catania stanno ultimando un sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dalle condotte di bancarotta fraudolenta per distrazione, contestate agli arrestati, per un valore complessivo di 94 milioni di euro.
Le persone tratte in arresto e ristrette ai domiciliari sono:
– Concetto Albino Bosco Lo Giudice (cl. 1963) nella sua qualità di amministratore di fatto del gruppo imprenditoriale “Tecnis” nonché quale componente del Cda “Tecnis” dal 2010 al 2015 e amministratore unico di una consortile dello stesso gruppo (Ternirieti S.C.A.R.L.) utilizzata quale società veicolo per drenare risorse finanziarie dalla “Tecnis”;
– Francesco Domenico Costanzo detto “Mimmo” (cl. 1962), anch’egli amministratore di fatto del gruppo imprenditoriale “Tecnis” e dunque, unitamente a Concetto Bosco, mente organizzativa del progetto criminale realizzato attraverso la distrazione di flussi monetari convogliati verso società dagli stessi dirette; Costanzo risponde dei fatti ascrittigli anche per il ruolo di consigliere nel C.D.A. “Tecnis” dal 2010 al 2015;
– Orazio Bosco, fratello di Concetto, quale amministratore unico di “Ing. Pavesi & C. s.p.a.” negli anni 2010 e 2011 e dal novembre 2016 oltreché amministratore di “Iniziative turistiche s.r.l.” e consigliere nel Cda. di “Sicilia Golf Resort s.r.l.” nonché “Off-Side s.r.l.” nell’anno 2011; trattasi di società, quelle appena citate, tutte beneficiarie ingiustificate di flussi finanziari provenienti da “Tecnis”;
– Gaspare Di Paola (cl.1951), nei fatti consapevolmente prestanome a disposizione di Bosco e Costanzo nonché amministratore unico delle succitate “Ternirieti S.C.A.R.L.” (dal 2012 al 2017) e “ING. PAVESI & C. s.p.a.” (dal 2012 al 2016).
“Tecnis s.p.a.”, avente sede legale a Tremestieri Etneo (Catania), è una delle realtà più significative nel panorama nazionale delle imprese di costruzioni generali, di ingegneria e general contracting, attiva nel settore della realizzazione di grandi opere infrastrutturali, sia in Italia che all’estero. Il gruppo “Tecnis” ha realizzato la quasi totalità del proprio fatturato eseguendo appalti affidati da Enti Pubblici (Ministeri, Regioni, Comuni, ANAS s.p.a., Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. – “RFI”). Il modello di business adottato dal Gruppo “Tecnis” prevedeva la partecipazione della società capogruppo “Tecnis s.p.a.” alla gara pubblica di appalto e, in caso di aggiudicazione della commessa, la realizzazione in proprio dei lavori ovvero l’affidamento degli stessi ad altre società del Gruppo, imprese consortili costituite per l’esecuzione della commessa. La società madre “Tecnis” assumeva il ruolo di holding del Gruppo, finanziando con liquidità immediate le società controllate ed effettuando gli acquisti delle principali forniture di beni e servizi in loro conto.
Con decreto datato 8 giugno 2017 del Ministro dello Sviluppo Economico, la “Tecnis s.p.a.”, unitamente a 13 società consortili controllate, è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria con la contestuale nomina di un commissario straordinario. In data 20 giugno 2017, il Tribunale di Catania (sezione fallimentare) dichiarava ai sensi del D.Lgs. 270/1999 lo stato di insolvenza della “Tecnis” e di 3 imprese controllate. All’avvio della procedura di amministrazione straordinaria, il Gruppo “Tecnis” disponeva di un rilevante portafoglio commesse, pari a 700 milioni di euro, di una forza lavoro costituita da circa 600 dipendenti ed era gravato da un passivo accertato di quasi 180 milioni di euro (di cui 94 milioni per debiti erariali).
In questo frangente il Gruppo “Tecnis” vedeva Costanzo e Bosco possedere la capo-gruppo “Tecnis s.p.a.” attraverso:
– “Cogip Holding s.r.l.” per la famiglia Costanzo, detentrice del 50 % delle quote di “Tecnis s.p.a.”, holding finanziaria, attiva nel settore delle infrastrutture, per il tramite della controllata “Cogip Infrastrutture s.p.a.”; la “Cogip Infrastrutture” ha partecipato con “Tecnis”, all’esecuzione di appalti per la grande viabilità (stradale e ferroviaria), porti e infrastrutture marittime, opere idrauliche ed edilizia civile e idraulica;
– “Artemis s.p.a.” per la famiglia Bosco Lo Giudice, detentrice del 50% di “Tecnis s.p.a.” quale holding non operativa; tuttavia, attraverso la società correlata “Sintec s.p.a.” (controllata integralmente dalla “ING. PAVESI & C. s.p.a.”) ha partecipato alla realizzazione di diverse commesse pubbliche con “Tecnis” e “Cogip Infrastrutture”.
L’operazione convenzionalmente nota come “Arcot”, condotta dal Gruppo Tutela Economia del Nucleo P.E.F. di Catania, sotto la direzione del gruppo di magistrati di questa Procura specializzati nel contrasto ai reati fallimentari e tributari, è stata caratterizzata dall’esecuzione di intercettazioni telefoniche e ambientali, di accertamenti bancari e acquisizioni documentali nonché dalla messa a sistema di contributi tecnici qualificati rappresentati dalla relazione sulle cause di insolvenza (art.28, D.Lgs. n.270/1999) a firma del commissario straordinario, dalla consulenza legale rilasciata per conto dell’amministrazione controllata e da una relazione redatta da consulenti nominati da quest’Ufficio.
L’investigazione dei Finanzieri di Catania ha tracciato le criminose condotte predatorie poste in essere dal management della “Tecnis” che l’hanno spogliata di quasi 100 milioni di euro nel corso di un quadriennio (2011- 2014) aggravandone il dissesto e rendendola insolvente.
Lo schema fraudolento congeniato e perseguito dai soggetti arrestati si è caratterizzato per la concessione da parte di “Tecnis s.p.a.” di consistenti e vorticosi finanziamenti infragruppo “non onerosi” diretti alle consorziate; le imprese beneficiarie, a loro volta, anche con movimentazioni bancari realizzate nella stessa giornata, hanno veicolato le liquidità in questione a favore di società estranee al gruppo di riferimento ma sempre dirette, anche con la presenza di prestanome, dal duo Concetto Bosco Lo giudice – “Mimmo” Costanzo.
Il profitto criminale originatosi dalla bancarotta fraudolenta veniva destinato, tra l’altro, alla realizzazione di strutture sportive e ricettive nel settore del turismo golfistico, la cui costruzione, in larga parte, veniva anche affidata alla stessa “depredata”. La compagine criminale, dunque, finanziata da mezzi tratti dalla società poi finita in amministrazione straordinaria (non remunerata per il malcelato finanziamento), realizzava distinti compendi societari senza dover ricorrere all’investimento di proprie risorse.
Nello specifico, le operazioni commerciali finite sotto la lente di ingrandimento degli investigatori economico- finanziari in quanto non rispondenti ad una comprensibile logica imprenditoriale sono le seguenti:
– un credito di circa 53 milioni di euro (non onorato) vantato da “Tecnis s.p.a.” nei confronti della sua consortile “Ternirieti” (società costituita nel 2005 in comproprietà con “ING. PAVESI” avente quale oggetto sociale la realizzazione della “direttrice Civitavecchia – Orte – TR – RI”); in quattro anni (dal 2010 al 2014) “TECNIS” effettuava trasferimenti bancari netti a favore di “Ternirieti” per 113,5 milioni di euro, un volume finanziario assolutamente esorbitante rispetto allo scopo sociale della consortile; e ciò è comprovato dal fatto che i bonifici bancari provenienti dalla “Tecnis” venivano trasferiti dalla “Ternirieti”, contestualmente e in gran parte, ad “ING. PAVESI”; questa triangolazione a scopo distrattivo veniva favorita dai fratelli Bosco Lo Giudice i quali ricoprivano contemporaneamente ruoli amministrativi nelle tre imprese in questione; parte delle risorse veicolate a “ING. PAVESI” finivano nelle casse della controllata “SINTEC s.r.l.”
– un trasferimento di fondi diretto da “Tecnis” alla “ING. PAVESI” di 41 milioni di euro investiti da quest’ultima nella sua società collegata “Iniziative turistiche s.r.l.” la quale, a sua volta, li destinava a beneficio della realizzazione di complessi turistici di “Sicilia Golf Resort s.r.l.” e di “Off-Side s.r.l.”; il paradosso economico si concretizzava nella presa in carico da parte di “Tecnis” dei lavori di costruzione, per conto di “Iniziative Turistiche”, di campi da golf a Carlentini (SR) e Taormina (ME), opere, peraltro, finanziate con i flussi finanziari distratti e con 19 milioni di euro stanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico quale “incentivo alle aree depresse”.
Oltre ai fatti appena descritti, gli organizzatori del disegno criminoso – i due arrestati Concetto Bosco e Francesco Costanzo unitamente ad ulteriori 2 soggetti indagati non destinatari di misure cautelari – stringevano accordi contrattuali che aggravavano irrimediabilmente il già precario equilibrio patrimoniale del Gruppo “Tecnis”.
Nel dettaglio, i rapporti negoziali forieri di ulteriori e ingiustificate “emorragie finanziarie” sono:
– un contratto di tesoreria (“cash pooling”) in forza del quale la “Tecnis s.p.a.” finanziava, negli anni 2012-2013, la “Cogip Holding s.r.l.” con fondi provenienti da anticipazioni bancarie su fatture e non da eccessi di liquidità come avviene negli ordinari servizi di cash pooling mantenendo un saldo a credito superiore ai 60 milioni di euro; i successivi rimborsi finanziari operati da “Cogip Holding s.r.l.” per circa 45 milioni di euro servivano a “rifinanziare” la “Cogip Infrastrutture s.p.a.” della famiglia Costanzo;
– una cessione di ramo d’azienda, nel dicembre del 2013, dalla consortile “ASR/20 s.c.a.r.l. in liquidazione” (società chiamata a realizzare un appalto di Anas del 2008) all’acquirente “Tecnis s.p.a.” non rispondente ad alcuna logica imprenditoriale ma alla malcelata necessità di far affluire nelle casse della “Cogip Infrastrutture s.p.a.” finanziamenti gratuiti; il bilancio della “TECNIS s.p.a.”, con l’acquisizione del ramo di un’azienda in liquidazione, si appesantiva ulteriormente con l’iscrizione di debiti erariali e commerciali non onorati per oltre 25 milioni di euro.
La consistente mole indiziaria acquisita in poco più di un anno d’indagine, tra aprile 2018 e novembre 2019, ha evidenziato come già a decorrere dal 2013 era venuta meno la continuità aziendale, non disponendo la “Tecnis” di risorse finanziarie sufficienti a supportare le esigenze della produzione e a ripianare le rilevanti passività scadute, in assenza di un immediato rientro delle significative posizioni creditorie vantate nei confronti delle società direttamente e indirettamente riconducibili a Costanzo e Bosco. A partire dal 2013, infatti, la “Tecnis” iniziava a ricevere diffide ad adempiere, ometteva versamenti di imposte per oltre 7 milioni di euro (2013 e 2014) nonché procedeva alla cessione di assets aziendali rilevanti per l’obbiettiva impossibilità di sostenerne il finanziamento.
Emblematiche sono alcune conversazioni intercettate dai Finanzieri del Nucleo P.E.F. di Catania le quali mettono in evidenza il ruolo dominante del duo Mimmo Costanzo– Concetto Bosco nell’amministrazione della “Tecnis” e della loro prassi di avvalersi di prestanome. In uno sfogo con un soggetto non indagato, Gaspare Di Paola oggi ristretto ai domiciliari, infastidito evidenziava che “…mi hanno sempre trattato solo come un prestanome … io ho lavorato con imprenditori molto più seri di lui e di Mimmo, cioè ma molto più seri che quando l’impresa poi non c’era più, a me pagavano lo stesso …”.
Da ultimo, va segnalato che Mimmo Costanzo e Concetto Bosco risultano ancora oggi operativi sul mercato attraverso la società “Amec s.r.l.” (costituita alla fine del 2017, avente sede a Santa Venerina, Catania, ed esercente l’attività di costruzioni generali e di infrastrutture, con un fatturato annuo dichiarato di 11 milioni di euro) beneficiaria di un affitto d’azienda operato da “Cogiè Infrastrutture s.r.l.”; “Amec” risulta aggiudicataria di commesse pubbliche.
La complessa indagine, condotta dalle Fiamme Gialle di Catania, ha dunque consentito di far luce su uno dei dissesti aziendali che più ha impattato sul tessuto economico-sociale del territorio etneo: l’insolvenza di un’azienda strategica gestita dagli amministratori arrestati in dispregio agli obblighi di legge, frodando enti previdenziali e non versando le imposte dovute.