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Bioeconomia, in Europa vale 2000 miliardi di euro

Produzione di energia da alghe, case con mattoni in canapa, ortaggi senza pesticidi: la bioeconomia, ovvero l’economia basata sull’utilizzo di risorse rinnovabili non è solo una questione di etica, ma anche di opportunità.

“Solo in Europa infatti vale più di 2000 miliardi di euro e da impiego a 22 milioni di persone. Parliamo oltretutto di un’economia che può crescere perché l’Unione Europea ha fatto delle scelte che vanno in questa direzione”. A fare il punto è Antonio Cianciullo, giornalista e autore del libro “Ecologia del desiderio. Curare il pianeta senza rinunce”(Aboca Edizioni, 2018).

Accanto alla bioeconomia c’è un altro termine ormai entrato in uso, ovvero l’economia circolare, basata sul principio che, quando un prodotto raggiunge la fine del ciclo di vita, le risorse restano all’interno del sistema economico. “L’economia lineare – spiega l’autore – è quella classica, basata sul presupposto che le risorse nel mondo siano infinite e che quindi abbiamo a disposizione sempre nuove terre da scavare, foreste da abbattere, fosse in cui buttare i rifiuti. Ma è palesemente una falsa convinzione. A questa visione dell’economia ne va sostituita una circolare, che punta al recupero dei materiali”.

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Perno dell’economia circolare è il concetto di “riciclo contro rifiuto”, a cui è dedicato un intero paragrafo del libro che ripercorre lo spreco come “errore del mercato”: consiste infatti nel “buttare via ricchezza”, in contraddizione con quella cultura contadina in cui “non si butta via niente”.
Ispirata in un certo senso al passato, l’economia circolare riabilita settori che fino a ieri stavano sul banco degli imputati, come gli pneumatici che prima riempivano le discariche abusive, “mentre oggi per il 54% vengono riutilizzati come materia e per il 46% come energia”. L’Europa sta scommettendo su questo, con il varo di un pacchetto sulla circular economy che innalza la quota di rifiuti da riciclare dall’odierno 44% (livello raggiunto in Italia) al 70% entro il 2030. Ma attenzione, mette in guardia Cianciullo, “non basta fare la raccolta differenziata, se poi non si ricicla. Ed è preoccupante che la percentuale di differenziata in Italia negli ultimi due anni sia cresciuta molto più di quella del riciclo”.

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