Quella di ieri è stata una giornata di assemblee e proteste a Termini Imerese: gli operai dell’ex stabilimento Fiat temono di rimanere anche senza Cassa integrazione ma anche gli operai (pochi) assunti da Blutec hanno ora paura. Ma quella di ieri è stata anche la giornata dei dati Istat sull’occupazione o, per meglio dire, sulla disoccupazione.
La Sicilia è tra le regioni che paga più di tutti. Comincia insomma a diventare tangibile l’effetto di un atteggiamento quasi ostile nei confronti dell’industria nella nostra regione. O forse siamo troppo generosi nell’attribuire alla nostra classe dirigente una volontà. Forse non c’è nemmeno quella ma solo l’incapacità ad affrontare i problemi, a sciogliere i nodi, a risolvere il risolvibile. Termini Imerese è la rappresentazione plastica di un certo modo di affrontare le cose che stanno portando la Sicilia a sbattere. Non abbiamo visto in questi giorni alcun comunicato dell’assessore alle Attività produttive sulla questione Termini Imerese e Blutec eppure è da quell’assessorato che dipende molto il futuro di quell’area che si vuole inchiodata all’automotive, alla produzione di auto ma che potrebbe diventare anche altro come è stato scritto nell’Accordo di programma.
Ci si chiede: la Regione poteva fare qualcosa? Qualcuno è rimasto a guardare mentre era necessario intervenire e lavorare? I sindaci propongono di andare a manifestare a Torino mentre è a Palermo che dovrebbero guardare in via degli Emiri dove si trova la sede dell’assessorato alle Attività produttive. Legare il futuro di un’area e di migliaia di famiglie a una sola iniziativa si è rivelata una pessima scelta. Non si può ora far finta di nulla e aspettare che sia il governo nazionale a occuparsi del problema. L’emorragia di posti di lavoro in Sicilia certifica che è necessario intervenire, pensare a un piano, farsi venire un’idea, mettere in moto meccanismi che rendano attrattiva la Sicilia. Restiamo in attesa di risposte. Punto.