Cicloturismo come alternativa di mobilità sostenibile. Questo il tema al centro della prima edizione del report ‘Italia in Bici: scenari, protagonisti e indotto‘, realizzato da Repower e Università Iulm. “Presentare uno studio del genere ci permette di mettere in evidenza e avere conferma di alcune intuizioni che abbiamo maturato durante la pandemia. La prima e più importante è che il fenomeno del cicloturismo non è affatto passeggero e rappresenta una grande opportunità, in primis per mettere a sistema le risorse locali in chiave turistica – spiega Fabio Bocchiola, country manager Repower Italia – Con questa analisi Repower non rilancia solo il proprio impegno per elettrificare le ciclovie d’Italia, ma si mette a disposizione degli stakeholder di settore per supportarli nel potenziare i propri strumenti di marketing territoriale”.
La mobilità dolce – ovvero tutte le forme di mobilità non auto/motociclistiche – è strettamente legata anche al settore del cicloturismo. Nella sola Europa, leggendo i dati dell’Osservatorio Bikeconomy, il cicloturismo muove ogni anno oltre 50 miliardi di euro, di cui quasi un decimo (4,6 miliardi secondo l’analisi Banca Ifis) in Italia. L’indotto turistico delle due ruote passa anche attraverso la valorizzazione dei territori e lo sviluppo di forme di turismo lento ed esperienziale, diventando un’opportunità di rilancio, un abilitatore per usare un concetto chiave del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per diverse economie territoriali del Belpaese, che offrono ai cicloturisti vacanze memorabili tra splendidi panorami e uno sconfinato patrimonio culturale. Basti pensare al fatto che il 54% dei turisti enogastronomici gradisce l’opportunità di prendere parte ad un itinerario in bicicletta o e-bike. E in questo contesto la Sicilia è ancora indietro: basti osservare l’immagine che pubblichiamo per rendersi conto di quanto lavoro ci sia ancora da fare. Praticamente l’anello delle ciclovie nell’isola non è chiuso e manca completamente la rete di ciclovie che porta nella Sicilia interna che pure ha grandi potenzialità turistiche.
L’innovazione tecnologica è sicuramente un altro driver della bikeconomy: le e-bike stanno ridefinendo il concetto stesso di bicicletta e rappresentano un fenomeno tutt’altro che passeggero, destinato a trainare la domanda nei prossimi anni. Secondo le previsioni della Confederation of the European Bicycle Industry (CONEBI) e della European Cyclist Federation (ECF), infatti, dai 3,7 milioni di unità vendute in Europa nel 2019, le e-bike arriveranno a quota 17 milioni nel 2030.
La Bikeconomy nella sola Italia, secondo il Rapporto di Banca Ifis (2021) nel pre-pandemia questo tessuto produttivo era composto da circa 2.900 imprese – il cui zoccolo duro era rappresentato dai rivenditori (all’ingrosso e al dettaglio) – che insieme generavano un giro d’affari di 9 miliardi di euro annui, dando lavoro a 17.000 persone. Spostandosi a livello europeo, poi, la produzione e la sola vendita di biciclette e accessori arriva a superare i 20 miliardi di euro all’anno (Osservatorio Bikeconomy, 2021). Ma la bikeconomy non riguarda esclusivamente la produzione e vendita di biciclette.
L’impatto del boom della bicicletta non è solo culturale e sociale ma anche economico e le sue opportunità, anche in vista delle risorse del Pnrr, dovranno essere al centro delle strategie di sviluppo delle località e della visione dei player economici, a cominciare dai singoli imprenditori del turismo. Centrale è la creazione e lo sviluppo delle cosiddette ciclovie, itinerari ciclabili a medio-lunga percorrenza, frutto tanto del disegno di nuove e di recupero di vecchie direttrici dismesse.
I benefici delle ciclovie – Secondo i dati del report ‘The Benefits of Cycling (2018)’ dell’Ecf (European Cyclists’ Federation), un maggiore utilizzo della bicicletta condurrebbe a un risparmio in spese sanitarie fino a 110 miliardi di euro e di 3 miliardi di litri di carburante annui oltre e alla riduzione di inquinamento ambientale e acustico. Le ciclovie decongestionano anche le strade trafficate. A questo si affianca il tema del marketing territoriale, che nel caso del cicloturismo va a coinvolgere non solo le destinazioni più blasonate, ma favorisce lo sviluppo anche di aree meno frequentate. Secondo le stime Fiab, ogni euro investito in ciclovie ne restituisce 3,5 al territorio, e a progetto ultimato ogni chilometro di percorso genera un indotto annuo sulla zona attraversata di 110.000 euro. Una rete strutturata e ben diffusa di ciclovie potrebbe portare, sempre secondo Fiab, 2 miliardi di euro annui nelle casse italiane.