Con l’avanzare della pandemia vola il prezzo del grano che fa registrare un aumento del 16% nell’ultimo mese che sta sconvolgendo il mercato dei prodotti agricoli a livello mondiale. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti per i contratti future con consegna a dicembre alla chiusura settimanale del Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento internazionale delle materie prime agricole.
L’andamento del cereale per uso umano più consumato nei paesi occidentali si riflette a livello mondiale nei diversi continenti ed anche in Italia dove le quotazioni del grano duro per la pasta sono aumentate nell’ultimo anno di quasi il 20% per raggiungere un valore di 28 centesimi al chilo per il buono mercantile nazionale secondo l’analisi della Coldiretti sui dati della Granaria di Milano.
Si tratta di una analisi divulgata in occasione del World Pasta day che si celebra domenica 25 ottobre in tutto il mondo ed in Italia con la preparazione dalle ore 10 dei diversi tipi di pasta regionale fatta in casa nei mercati degli agricoltori di Campagna Amica da Roma in via San Teodoro n.74 a Napoli in via Guidetti 72, Parco San Paolo Fuorigrotta, da Bari al Mercato di Piazza del Ferrarese e a Lecce in Piazza Ariosto.
In controtendenza alle difficoltà dell’economia globale, la corsa a beni essenziali sta facendo aumentare le quotazioni delle materie prime agricole necessarie per garantire l’alimentazione delle popolazione in uno scenario di riduzione degli scambi commerciali e di cali produttivi dovuti all’andamento climatico ma anche per effetto del boom di richieste di alimenti non deperibili, nutrienti e di facile consumo per effetto delle misure di confinamento della popolazione nelle case per sconfiggere il virus.
“Gli effetti della pandemia – spiega la Coldiretti – si trasferiscono dunque dai mercati finanziari a quelli dei metalli preziosi come l’oro fino alle produzioni agricole la cui disponibilità è diventata strategica con l’incertezza sugli effetti della nuova ondata di contagi”.
“L’aumento delle quotazioni alla borsa di Chicago conferma che l’allarme globale provocato dal Coronavirus ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico rappresentato dal cibo e dalle necessarie garanzie di qualità e sicurezza” afferma il Presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
“L’Italia deve riscoprire la propria tradizione agricola per puntare all’obiettivo della autosufficienza a tavola per difendersi dalle turbolenze provocate dall’emergenza coronavirus che ha scatenato corse agli accaparramenti e guerre commerciali con tensioni e nuove povertà”.
“Ci sono le condizioni per rispondere alle domanda dei consumatori ed investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzione di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che – precisa Prandini – valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto ‘equo’, basato sugli effettivi costi sostenuti”.
La produzione di grano duro nazionale per la pasta nel 2020 secondo l’Istat si colloca – riferisce la Coldiretti – a 3,76 milioni di tonnellate, in leggera contrazione del 3,7% rispetto allo scorso anno mentre il raccolto di grano tenero per il pane è stimato in 2,74 milioni di tonnellate.
Il risultato è che oggi l’Italia dipende dall’estero per circa il 60% del grano tenero per il pane che consuma mentre viene importato attorno al 25% del grano duro destinato alla pasta, una percentuale in riduzione anche grazie all’aumento delle richieste di pasta con grano 100% italiano favorite anche dall’obbligo di indicare l’origine del grano fortemente voluto dalla Coldiretti.
La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra infatti con anni di disattenzione e abbandono che nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.
Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.