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Sarà il Tar del Lazio a decidere se e come le autorizzazioni di reimpianto dei vigneti possano migrare da un capo all’altro dello Stivale. Una fase delicata per il futuro dei vigneti siciliani, che rischiano la decimazione. La Regione Veneto ha fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, chiedendo di annullare un decreto del ministero delle Politiche agricole a tutela degli equilibri produttivi italiani. “La Sicilia deve augurarsi che il Tar respinga questo ricorso, più che mai c’è bisogno che l’isola sia compatta nell’opporsi a questo tipo di politiche. Evidentemente la grande quantità di superfici vitate siciliane fa gola a molte aziende, ma non bisogna permettere l’impoverimento del nostro territorio, trasferendo nelle altre regioni le nostre autorizzazioni, il nostro patrimonio. Sarebbe un fatto gravissimo per la nostra economia e il nostro export, che si fondano per buona parte sulla produzione vitivinicola”, commenta Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale.
Le autorizzazioni sono in sostanza le licenze che un produttore deve detenere, insieme alla proprietà del vigneto, per produrre vino. Ogni anno gli Stati membri della UE possono mettere a bando nuove autorizzazioni all’impianto di nuovi vigneti, rispettando il tetto massimo dell’1% della superficie vitata nazionale. Si tratta per l’Italia di circa 6.400 ettari di nuovi vigneti, cifra ben al di sotto della richiesta che lo scorso anno fu di oltre 165 mila ettari. Dopo il divieto di vendita dei diritti di impianto, per aggirare il nuovo vincolo imposto da Bruxelles i produttori hanno usato lo strumento del contratto di affitto di vigneti magari inutilizzati, anche fuori dalla propria regione. Un viticoltore veneto produttore di Prosecco, ad esempio, prendeva in affitto un vigneto siciliano di Nero d’Avola e, subito dopo la definizione del contratto di locazione, presentava alla regione la richiesta di espianto, con successivo reimpianto anche di un vitigno diverso nella propria area di provenienza e di proprietà.
A febbraio il ministero ha emesso un decreto dove viene sancito che “nel caso di trasferimento temporaneo della conduzione, l’estirpazione del vigneto effettuata prima dei 6 anni dalla registrazione del contratto non dà origine ad autorizzazioni all’impianto in una regione differente da quella nella quale è avvenuto l’estirpo”. Viene quindi introdotto per i vigneti in affitto un vincolo di conduzione di 6 anni nella regione originaria, prima che la relativa autorizzazione possa emigrare verso altre regioni. Cosa che non converrebbe fare a nessun produttore. Contro questa misura la Regione Veneto ha presentato un ricorso al Tar del Lazio, facendo leva su una norma del 2013: si tratta dell’articolo 66 del regolamento 1308/2013, dove è previsto che gli stati membri concedano automaticamente un’autorizzazione a produttori che hanno estirpato una superficie vitata successivamente all’1 gennaio 2016 e che hanno presentato una richiesta. La decisione del Tar dovrebbe arrivare nei prossimi giorni, il ricorso ha comunque comportato il blocco delle nuove assegnazioni: gli elenchi sono pronti ma non possono essere resi pubblici.
La Sicilia resta la regione con la maggiore superficie vitata, quasi 100 mila ettari (dati Istat 2016) cioè quasi un sesto del totale italiano, che si attesta sui 640 mila ettari. L’isola nel 2.000 aveva 136 mila ettari a vigna, in 16 anni ne ha persi 37 mila. Dati opposti, invece, in altre regioni come Veneto, Friuli, Emilia Romagna e Toscana, dove le superfici vitate sono cresciute di migliaia di ettari.
Dura la reazione dell’assessore alle Risorse agricole Eddy Bandiera: “Giù le mani dai nostri vigneti. Le autorizzazioni al reimpianto devono restare in Sicilia” dice. Era stato proprio l’Assessore Bandiera a difendere e sostenere in Commissione Politiche Agricole (unitamente alle regioni Campania, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna, in contrapposizione al Veneto) la posizione di contrasto al fenomeno di depauperamento delle superfici vitate dell’Isola. “La Sicilia è uno dei fari della vitivinicultura nazionale e internazionale riconosciuta da tutti gli stakeholder del settore e come tale difenderemo in tutte le sedi opportune il patrimonio dei nostri produttori “.