Nell’ampio dibattito sulle Scienze Alimentari, uno degli argomenti su cui la ricerca si sta più concentrando è la riscoperta dei cosiddetti “grani antichi”, e gli effetti che quest’ultimi esercitano sul metabolismo corporeo. Un tema che tocca aspetti sia scientifici che culturali, e su cui si è si è appena fatto il punto nel corso di un convegno a Palermo organizzato dall’Ordine dei Medici della Provincia. Al centro degli interventi, gli studi sull’effettivo valore salutistico e nutrizionale dei “grani antichi”, tipologie di cereali già diffuse in Italia prima della “rivoluzione verde” degli anni 40-70 e la cui riscoperta, da alcuni anni a questa parte, è sempre più premiata da varie fasce di consumatori.
In molti, infatti, pur non soffrendo di patologie come la celiachia, accusano una variegata gamma di infiammazioni riconducibili, spesso, a delle scorrette abitudini alimentari.
Ma il bombardamento di informazioni su queste problematiche, soprattutto dalla rete, a cui si è oggi esposti, spesso provoca più danni che benefici, portando a escludere del tutto i cereali dalla propria dieta. “Oggi, una dieta totalmente priva di glutine anche in soggetti non ipersensibili, più che una necessità, è diventata una moda – spiega la dottoressa Anna Sapone, del Massachusetts General Hospital Boston – molte celebrità, raccontano delle loro diete particolari e dei benefici che ne riscontrano: il tennista Novak Djokovic, per esempio, ha anche scritto un libro in proposito, e le persone comuni finiscono per emularli”. Al contrario, la ricerca mostra come il glutine contenga tutta una serie di proteine importantissime per il nostro organismo, e di cui sono ricchi proprio i “grani antichi”.
“Dieta Mediterranea significa ritorno alle nostre origini, e quindi tempo da dedicare al proprio benessere – dice Alessio Fasano, anche lui del Massachusetts General Hospital Boston – è una battaglia innanzitutto culturale: oggi, l’abitudine è sempre più quella di delegare a qualcun altro, ma il nostro scopo finale non deve essere quello di vivere più a lungo, bensì di vivere più a lungo in salute”. “In Sicilia – sottolinea il biologo Giuseppe Russo – abbiamo applicato una normativa esistente, riattivando il processo di certificazione della filiera produttiva dei ‘grani antichi’: chi acquisita, così, sa esattamente cosa sta comprando, da dove proviene e che processi produttivi ha attraversato”. “Tuttavia – commenta Claudia Miceli, Responsabile per la Sicilia del servizio di certificazione nazionale delle sementi – si registrano a oggi soltanto 20 ettari certificati a “grani antichi” in tutta la campagna agraria siciliana, con la prospettiva che vengano aumentati fino a 60 nel corso del 2018″.
Infine, tra le varie tesi scientifiche analizzate dai relatori, sono state messe in evidenza quelle che analizzino come molte varietà “antiche” di grano registrino un glutine privo di frammenti tossici, i quali sono coinvolti sia nella risposta celiaca che nei processi delle intolleranze.