I finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria hanno eseguito un’ordinanza, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso Tribunale di Palermo, Fabrizio La Cascia, riguardante disponibilità finanziarie presenti su conti correnti, immobili ed una società per circa 2 milioni di euro.
Le complesse ed articolate indagini, coordinate dal Procuratore Aggiunto Teresi e dirette dai sostituti procuratori Picozzi, Del Bene, Luise, Tartaglia e De Flammineis, avrebbero svelato una serie di condotte di trasferimento fraudolento di valori e riciclaggio, perpetrate da diversi appartenenti alla storica famiglia mafiosa dei Graziano.
Dagli accertamenti svolti dai militari della Guardia di Finanza è emerso che, al fine di favorire il perseguimento degli scopi dell’associazione criminale, alcuni componenti di tale famiglia avrebbero immesso nel circuito legale una serie di immobili – acquistati nel tempo con i proventi illeciti dall’associazione mafiosa – mediante la ripetuta cessione dei medesimi beni attraverso fittizie compravendite poste in essere tra parenti e soggetti prestanome, i quali si procuravano la necessaria liquidità per acquistarli per mezzo di mutui fraudolentemente concessi da un compiacente direttore di banca.
Secondo gli inquirenti dall’analisi della documentazione contrattuale e bancaria emergerebbe che, nel periodo da luglio 2007 a marzo 2008, il direttore di banca avrebbe deliberato l’erogazione di 14 finanziamenti, per la maggior parte dell’importo di 250.000 euro ciascuno, consentendo alla famiglia mafiosa di accedere al credito per 3.310.000 euro, sulla base di falsa documentazione fiscale attestante la percezione di redditi inesistenti, al mero scopo di simulare il regolare acquisto di unità immobiliari invero già nella disponibilità della famiglia.
Nel corso delle indagini sarebbe emerso anche il comportamento delittuoso attuato da un notaio di Palermo per facilitare le citate condotte di riciclaggio. Il notaio è stato segnalato, infatti, per avere, in qualità di pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni – in concorso con altri – formato atti ideologicamente falsi (una compravendita immobiliare e relativo mutuo collegato), attestando l’identità del soggetto acquirente l’immobile e beneficiario del mutuo, risultato di fatto inesistente.
Il Gip ha anche disposto il divieto di dimora nella provincia di Palermo per Vincenzo e Francesco Graziano, padre e figlio entrambi già detenuti per reati di associazione mafiosa, l’obbligo di dimora per Gaetano Giampino, accusato di riciclaggio con l’aggravante di aver commesso i fatti al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa, nonché il divieto di esercitare la professione legale nei confronti di Nicolò Riccobene, noto avvocato del foro di Palermo, accusato di avere consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, svolgendo in particolare la funzione di intermediario tra i vari sodali – anche quando erano in stato di detenzione – in merito alle somme di denaro da destinare al sostentamento della famiglia mafiosa.
In relazione ai fatti accertati è stato dunque disposto il sequestro dei beni sopra specificati, per un valore complessivo pari a circa 2 milioni di euro, tutti riconducibili alla famiglia Graziano.
“L’indagine ha ancora una volta dimostrato – ammesso che ce ne fosse bisogno – l’esistenza di un legame molto stretto tra l’organizzazione mafiosa e i “colletti bianchi” appartenenti alle diverse categorie professionali della società civile, soggetti quest’ultimi che sembrano essere transitati da una posizione di mero asservimento alle finalità criminali ad un ruolo sempre più intraneo alla struttura mafiosa, al punto da confondersi talvolta pienamente con essa” spiegano gli inquirenti.