Se questa notizia l’avessimo scritta un mese fa, forse saremmo sembrati più tempestivi: è ovvio, il Natale, il torrone… E invece no! Scriverlo adesso non è un caso: perché il Presidio Slow Food del torrone di Caltanissetta non è esclusivamente natalizio, ma viene prodotto e commercializzato tutto l’anno.
Un torrone speciale: solo tre ingredienti…
La prima particolarità del torrone di Caltanissetta riguarda la ricetta: gli ingredienti utilizzati sono soltanto tre, miele, mandorle e pistacchi. «Tutti e tre sono caratteristici del nostro territorio» spiega Stefania Fontanazza, referente Slow Food del neonato Presidio. «Il mandorlo e il pistacchio sono due coltivazioni piuttosto diffuse: se il primo, negli ultimi anni, ha vissuto un periodo di crescita in termini di ettari, del secondo non c’è soltanto quello famosissimo di Bronte. Più vicino a noi c’è infatti quello di Raffadali, in provincia di Agrigento». E poi c’è il miele, «un millefiori con una percentuale significativa di sulla e achillea, due essenze della nostra zona». Niente zucchero aggiunto, zero albumi, nessun conservante: miele, mandorle e pistacchi – rigorosamente siciliani, come stabilito dal disciplinare di produzione adottato dai quattro produttori che aderiscono al Presidio Slow Food – sono più che sufficienti.
… ma più di otto ore di lavorazione!
L’altra caratteristica che distingue il torrone di Caltanissetta da molti altri è il processo di preparazione: «Un procedimento lungo, più che complicato – aggiunge Claudio Nitro, il referente dei produttori – che abbiamo volutamente mantenuto identico a quello di oltre un secolo fa. Il miele viene fatto cuocere a fuoco bassissimo per almeno otto ore nella cosiddetta quadara, cioè un grande calderone di rame. Poi, quando il miele entra in cottura e l’umidità del miele è evaporata, incorporiamo mandorle e pistacchi in precedenza leggermente tostati». Il segreto della preparazione? L’esperienza, che consente agli artigiani torronai di capire, soltanto guardandolo, il momento in cui il miele entra in cottura, quello cioè in cui va aggiunta la frutta secca.
Poi, prosegue Nitro, «l’impasto, chiamato massa, viene posto in telai di legno e in un secondo momento, prima che si raffreddi completamente, tagliato nelle caratteristiche stecche». Un lavoro che richiede pazienza, cura e notevoli abilità, per far sì che l’impasto non si attacchi al mattarello e che il torrone non si spezzi al momento di tagliarlo nelle pezzature desiderate. Per assicurare un futuro al torrone di Caltanissetta, la cui storia lunga oltre un secolo e mezzo rischia di interrompersi a causa della diffusione di prodotti ottenuti in modo industriale, non è però sufficiente che ci siano maestri torronai in grado di tramandare la ricetta: occorre che si sviluppi una filiera che coinvolga apicoltori, coltivatori, artigiani e trasformatori. «La nostra volontà – conclude Fontanazza – è creare un gruppo di fornitori di materie prime garantito e stimolato a dar seguito a una produzione con determinati standard di qualità. Per farlo, dobbiamo far conoscere il torrone nisseno e la sua autentica ricetta». E questo è l’obiettivo dei Presìdi Slow Food.