La sezione Alimentari di Confindustria Catania, guidata da Maria Cristina Busi, che ha riunito on line anche le imprese non aderenti al sistema associativo per fare il punto sulle criticità che vive il settore alimentare ma anche per indicare idee e proposte per superare la grave crisi che sta colpendo il mondo produttivo dopo i provvedimenti anti Covid.
Ad emergere con forza è stato il grido di allarme delle piccole realtà produttive che, nonostante il crollo dei fatturati, sono rimaste escluse da qualsiasi tipo di ristoro economico. “I nuovi Dpcm non ci obbligano a chiudere – lamentano gli imprenditori – ma siamo costretti a rimanere inattivi per la mancanza di commesse, mentre continuiamo a sopportare costi e spese vive che ci soffocano e rischiano di farci chiudere”.
Sotto accusa l’esclusione dei codici Ateco “dimenticati” dai provvedimenti del Governo e dal Bonus Sicilia. Tutta la filiera dei fornitori delle attività sospese, infatti, rimane al momento ingiustamente privata di qualsiasi supporto economico straordinario.
In questo scenario, in particolare per i settori food e beverage, il calo degli ordini registra una diminuzione del 50% rispetto al 2019. Una perdita che si prospetta via via più consistente proprio al Sud, dove la crisi economica è più forte e i redditi destinati ai consumi più bassi. Ma sulla capacità di ripresa del sistema produttivo pesa anche lo stallo della macchina burocratica regionale che sta rallentando l’erogazione delle risorse provenienti dai Fondi strutturali.
“Siamo alla fine del ciclo di programmazione europea 2014 -2020 – ha avvertito il vicepresidente della Sezione, Santi Finocchiaro – ma la spesa rimane impantanata. Le performance dell’Asse 1 (ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione) e Asse 3 (competitività delle Pmi ), sono ai minimi storici. Le graduatorie non scorrono e molte imprese rinunceranno a portare avanti gli investimenti programmati”.
Sul banco degli imputati anche “sugar” e “plastic tax”, due tasse la cui applicazione è stata per il momento solo rinviata al mese di luglio e sulle quali – come ha ricordato Pietro Federico, componente del comitato direttivo della Sezione, rimangono forti incertezze applicative che appesantiranno il carico burocratico e amministrativo a danno delle imprese.
“Continueremo a chiedere l’abolizione di questa tassazione iniqua – ha affermato Cristina Busi – che nuoce alla competitività di tutto il comparto. In un momento così delicato per la nostra economia non possiamo sopportare nuovi balzelli. Su questa e su tutte le altre problematiche emerse – ha concluso – presenteremo proposte facendo sentire alta la nostra voce. Ci batteremo per le nostre aziende che vanno salvate in quanto base produttiva portante della nostra Regione”.