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Porti del Mediterraneo, l’ora della rivincita. Secondo Federagenti

I porti del Nord Europa lasciano sul campo l’8% del volume complessivo delle merci movimentate; parallelamente i porti del Mediterraneo guadagnano il 7% del traffico, ma a beneficiarne sono specialmente spagnoli, francesi e greci. Gli scali italiani confermano invece le loro difficoltà e anche nel 2022 non sono riusciti a beneficiare di quella che è ormai una crisi evidente della portualità nordeuropea.

A evidenziare questi dati e al tempo stesso le potenzialità che ne derivano, dati presentati durante i Med Dialogues organizzati recentemente da ISPI e Ministero degli Esteri, è il Presidente di Federagenti, Alessandro Santi, che chiede oggi un deciso cambiamento di rotta nella politica portuale del Paese.

“Oggi – sottolinea Santi – il mirino va puntato e ciò va fatto alla svelta sui paesi del Nord Africa e del Medio Oriente (la cosiddetta area MENA) e sui traffici infra mediterranei a vantaggio non solo dell’Italia ma dell’Europa. La crisi della Cina, esasperata dalle politiche anti-Covid, e la sempre più accentuata tendenza degli Stati Uniti a rafforzare con fenomeni di reshoring la produzione interna a discapito delle importazioni – precisa -stanno spostando il baricentro possibile dei traffici italiani ed europei verso i paesi dell’area MENA, peraltro già fornitori di energia fossile e potenziali produttori di energie rinnovabili di primaria importanza.

Ma su questi mercati sia l’Italia che l’Europa possono e devono fare di più, con una ficcante politica di investimenti in tecnologia e infrastrutture favorendo la collaborazione industriale”. È proprio in considerazione di questo quadro geopolitico e geoeconomico che il settore marittimo e in primis proprio gli agenti marittimi possono e devono svolgere un ruolo pionieristico anche stimolando i processi di trasformazione e di efficientamento delle nostre infrastrutture portuali, siano esse materiali (accessibilità, dragaggi, resilienza) come pure immateriali (governance portuale, digitalizzazione, snellimento burocratico) che oggi condizionano negativamente la possibilità, per la prima volta concreta, per i porti italiani di riguadagnare significative quote di mercato nei confronti della portualità nord europea.

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