In Sicilia, l’istruzione vive una crisi profonda che si trascina da anni. È una crisi che va oltre i numeri: scuole che chiudono, studenti che abbandonano i banchi, famiglie che si trovano sole di fronte alla sfida di costruire un futuro migliore. In questa terra, dove cultura e talento non mancano, a mancare sono spesso gli strumenti per valorizzarli.
Dati alla mano, secondo il Ministero dell’Istruzione e del Merito, la dispersione scolastica in Sicilia nel 2024 si attesta al 17,1% più del doppio della media nazionale e tre volte superiore a regioni come Lazio e Umbria.
È il sintomo di un sistema educativo che fatica a stare al passo con i bisogni di una società in trasformazione, specialmente nelle aree più vulnerabili. Intere comunità si trovano prive di scuole, di insegnanti sufficienti, di attività che possano coinvolgere i giovani. E ogni chiusura, ogni abbandono, è una sconfitta collettiva che lascia cicatrici nel tessuto sociale.
Un quadro preoccupante
Entro il 2024/2025, circa 100 istituti scolastici potrebbero chiudere in Sicilia, aggravando una situazione già critica. Le aree rurali e interne, che dipendono maggiormente da pochi presidi educativi, saranno le più colpite. Chi vive in questi territori rischia di perdere non solo un luogo dove imparare, ma anche un punto di aggregazione, spesso l’unico spazio che offre prospettive di crescita personale e culturale.
Dietro questi numeri ci sono storie di giovani che abbandonano i banchi per mancanza di supporto o motivazione e sottolineano l’urgenza di interventi mirati per contrastare il fenomeno.
Il rischio è quello che si innesti un circolo vizioso. Infatti, meno istruzione significa meno opportunità di lavoro, che a loro volta alimentano povertà e disoccupazione. Un problema che non riguarda solo il futuro di questi ragazzi, ma il destino economico e sociale dell’intera regione.
La risposta della Regione: fondi contro la dispersione
Per contrastare questo declino, la Regione Siciliana ha stanziato 1,5 milioni di euro attraverso la Circolare n. 27 del 27 novembre 2024, destinata alle scuole primarie e secondarie delle aree più colpite dalla dispersione scolastica. I fondi saranno utilizzati per:
Questi interventi mirano a offrire ai giovani non solo un’istruzione di base, ma anche gli strumenti per sviluppare competenze sociali ed emotive, fondamentali per affrontare il futuro con maggiore consapevolezza. Tuttavia, la portata di queste misure è ancora troppo limitata rispetto alla vastità del problema.
Un problema nazionale: il caso Sicilia come specchio dell’Italia
La crisi dell’istruzione in Sicilia riflette una difficoltà più ampia che coinvolge tutto il Paese. Negli ultimi vent’anni, la spesa pubblica italiana per l’istruzione è scesa dal 4,1% al 3,5% del PIL, un livello tra i più bassi in Europa. In confronto: la Germania investe il 5% del PIL, la Francia il 4,8%, la Spagna il 4%.
Anche la spesa per studente è indicativa del disinteresse per l’istruzione: per ogni studente universitario, l’Italia investe 7.200 euro, contro i 16.300 della Germania e i 12.500 della Francia. Ciò che rende unica l’Italia, però, è la dinamica della spesa: al crescere del livello di istruzione, i finanziamenti diminuiscono. Mentre la spesa per la scuola primaria si colloca tra le più alte d’Europa, quella per l’istruzione terziaria è tra le più basse, con appena il 16% del PIL pro capite per studente, contro il 30% della Germania e il 26% della Francia.
Gli ITS: una risposta parziale ma concreta
In un contesto di risorse limitate, gli Istituti Tecnologici Superiori (ITS) rappresentano una soluzione concreta per colmare il divario tra istruzione e mercato del lavoro. La Regione Siciliana ha destinato 6,7 milioni di euro ai percorsi ITS per il biennio 2024-2026, finanziati attraverso il Programma FSE+ Sicilia 2021-2027.
Gli ITS offrono corsi biennali altamente specializzati in settori strategici come energia, turismo e transizione digitale. Ogni corso, della durata massima di 2000 ore, mira a fornire competenze pratiche e tecniche, creando figure professionali immediatamente spendibili sul mercato del lavoro.
Tuttavia, gli ITS, per quanto importanti, non possono sopperire alla mancanza di investimenti nell’istruzione terziaria e nella ricerca. L’università, infatti, resta un pilastro insostituibile per garantire innovazione e sviluppo a lungo termine.
Conclusioni: un’urgenza ignorata
La crisi dell’istruzione in Sicilia è solo un tassello di un problema più grande che affligge l’intero Paese. Senza un cambio di rotta, con investimenti adeguati e politiche lungimiranti, il rischio è che il divario tra l’Italia e gli altri Paesi europei diventi incolmabile.
Le misure regionali, come quelle della Circolare n. 27/2024 e del Programma ITS, sono passi nella giusta direzione. Ma da sole non bastano. Per affrontare davvero questa emergenza serve un impegno strutturale che riconosca nell’istruzione non solo un costo, ma il principale investimento per il futuro.
Brigida Raso
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