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La seconda serata del Festival del Giornalismo Enogastronomico vede protagonista la trattoria “Donna Santina” di Santina Baglio e del marito Francesco Federico. Tutti possono prenotandosi chiamando il numero 0941.434952. I giornalisti e i partecipanti assaggeranno il menù realizzato a quattro mani da Santina e dallo chef Emiliano Cipicchia. Argomento della serata: “Contaminazioni: Generazioni a confronto, antico verso moderno”
Come è nata la tua passione per la cucina?
“Io sono nata in cucina! – a parlare è Santina, chef e titolare del locale, figlia d’arte di Don Pippo Baglio e Donna Angelina Vicario- .Quando sono nata mia mamma già era indaffarata tra i fornelli, ho seguito le sue orme e la passione per la cucina l’ho sempre avuta, anche se ho scelto un percorso di studi completamente diverso: mi sono diplomata perito tecnico, specializzata in elettronica industriale e poi ho studiato matematica all’università. Nonostante abbia cercato di percorrere una strada lavorativa diversa da quella dei miei genitori, un insieme di circostanze mi hanno riportato qui a Galati e ho capito che quello che volevo realmente fare era continuare l’attività di famiglia.”
Cosa ti ha convinto a tornare in Sicilia?
“L’idea di tornare in Sicilia e di lavorare nel campo della ristorazione è venuta a mio marito Francesco, il primo anno di matrimonio, quando vivevamo a Milano. Lì è venuta fuori in modo molto forte la mia passione e la mia attitudine per la cucina. Gli odori della mia cucina incuriosivano i miei vicini milanesi e finivo per passare tutto il mio tempo libero a cucinare e a condividere con i miei amici tutti i piatti tradizionali siciliani che da sempre conoscevo. Insomma, spesso finivo per cucinare per tutto il palazzo! A pensarci bene credo di non aver mai cucinato per due persone! Così alla fine la mia terra mi ha richiamata e dodici anni fa con mio marito abbiamo deciso di tornare in Sicilia e ho fatto diventare una professione quell’arte che i miei genitori mi hanno tramandato.”
Ad agosto scorso avete inaugurato la trattoria “Donna Santina”, avete mantenuto il legame con il passato? con l’antica trattoria gestita per cinquant’anni dai tuoi genitori?
La nostra trattoria ha cambiato nome negli anni, ma la sostanza è rimasta sempre la stessa. I miei genitori ci danno una mano, ci sostengono e questo dà un senso di continuità al nostro lavoro. La trattoria fu aperta dai miei genitori l’anno in cui si posarono, nel 1964, si chiamava “Sotto l’Orologio” e si trovava nella piazza del paese. Quell’anno mia madre iniziò con la vendita del vino a bicchiere, poi cominciò a vendere le fave bollite, il baccalà fritto, i maccheroni, il pollo, la carne di suino nero, tutti alimenti del nostro territorio. Poi negli anni novanta, cambiando locali, i miei cambiarono anche nome e si chiamò “La Bettola”. Infine, lo scorso anno abbiamo deciso di chiudere la vecchia attività, più che altro per una questione burocratica e abbiamo aperto la trattoria “Donna Santina” che come dico io a tutti : è la figlia della Bettola!”.
Che tipo di cucina è la vostra?
“La nostra è una cucina casereccia, fatta con i sapori dei nostri monti. Facciamo piatti semplici secondo le antiche tradizioni della cucina nebroidea, con i salami, il lardo, i prosciutti, il capocollo e anche la provola a sfoglia. Non abbiamo piatti complicati o eccessivamente elaborati, privilegiamo cibi semplici e valorizziamo gli elementi poveri della terra. I Pomodori, le melenzane, i peperoni, i peperoncini, il sedano e basilico a foglia larga che utilizziamo sono coltivati da mio padre nella nostra terra.”
Quali sono i cibi dell’antica tradizione che ancora servite a tavola?
“Come piatto particolare, che ancora oggi preparo c’ è “u sciusceddu”, peperoncino fritto con pomodoro e formaggio, che anticamente era mangiato addirittura a colazione. Poi “u sutta e supra friutu” che è la pancetta di maiale fritta con olive e broccoletti e “i favi jalatisi”, ovvero, bucce di fave infarinate e fritte.”
Cosa consiglieresti a chi per la prima volta viene nella tua trattoria?
“Inizierei con un assaggio di olive fritte con le acciughe col pomodorino, poi come primo piatto sicuramente i classici involtini di maccheroni, fatti con melenzana, ricotta e ragù di suino nero. Oppure, visto che ho sposato un siciliano di Campobello di Mazara, le “busiate” (una pasta caratteristica della zona del trapanese) condite con fave, pancetta e pecorino. Come secondo consiglierei il Suino Nero dei Nebrodi cucinato tutta la notte col calore del forno a legna e aromatizzato con spezie e aromi. Come dolci potrei proporre in base ai gusti: la pasta reale di nocciole, la pignolata oppure il bianco mangiare con le nocciole e biscotti.”
Che messaggio vuoi fare arrivare ai giornalisti che la seconda sera del festival saranno ospiti nella tua trattoria e assaggeranno i tuoi piatti “contaminati” dalla cucina dello chef Emiliano Cipicchia?
“La cosa più importante è quella di far conoscere al mondo le bellezze e la realtà del nostro paese, dei Nebrodi, fatta di tradizione e genuinità, non solo per la cucina, ma anche per le persone la vivono. Sono convinta che l’affetto passa anche attraverso il cibo ed è questo che vogliamo trasmettere noi mettendo la massima cura nella qualità e nella preparazione dei nostri cibi.”
Qual è il prossimo obiettivo da raggiunger per “donna Santina”?
“Io e mio marito Francesco siamo amanti della lettura, lui è uno scrittore (il suo ultimo libro si intitola “Il manuale del perfetto siciliano”) e il nostro sogno è quello di realizzare un B&B sopra la trattoria dove creare una stanza di lettura, piena di libri, un posto in cui gli ospiti possono rifugiarsi e rilassarsi per immergersi nella lettura.”