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Illecita reiterazione di contratti a termine, discriminazione e violazione di norme comunitarie imperative: con queste motivazioni il Tribunale del Lavoro di Roma ha condannato il Ministero dell’Istruzione a risarcire tre precari “storici” della scuola con 100mila euro di risarcimento. Per i supplenti di lungo corso, uno dei quali ha iniziato il suo percorso di precariato dal 2006, quindi oltre dieci anni, si tratta di un parziale rimborso del trattamento iniquo cui sono stati sottomessi.
Tenendo conto di ciò, il giudice del lavoro ha stabilito la quota risarcitoria massima consentita dalla legge, comprendente anche i mancati scatti di anzianità, in applicazione di quanto previsto dalla normativa comunitaria. A far pendere la bilancia a favore dei docenti sono state però anche le recenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione (ex plurimis nn. 22556 e 22558), che ha accertato il diritto dei precari a ricevere la stessa retribuzione del personale di ruolo (primo scatto di anzianità dopo 2 anni di supplenza, pari a una mensilità in più per ciascun anno) e un risarcimento da una a dodici mensilità per l’abuso dei contratti a termine, dopo 36 mesi di servizio svolti su posti annuali.
I giudici hanno accertato che i docenti sono stati sottoposti a una “reiterazione di contratti per un periodo complessivo ampiamente superiore ai trentasei mesi” che, “pur se conforme al diritto nazionale, porta a ritenere violati i principi comunitari, per cui l’apposizione del termine ai suddetti contratti deve ritenersi illegittima” e rileva come il danno cagionato sia “qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto”.
Preso atto di tale criterio, rilevando “la notevole durata dei rapporti a termine in esame”, il Tribunale di Roma ha ritenuto dunque “equa la condanna del MIUR al risarcimento dei danni in favore del ricorrente pari a 12 mensili dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza fino al saldo”, riconoscendo, altresì, il diritto “concernente il mancato riconoscimento degli incrementi retributivi che il contratto collettivo collega alla maturazione di una determinata anzianità di servizio”.
Anche riguardo le mancate progressioni stipendiali, infatti, il Tribunale del Lavoro della capitale ha ritenuto di accogliere le richieste patrocinate dai legali Anief, rilevando come “il riconoscimento degli incrementi stipendiali previsto dalla contrattazione collettiva del comparto scuola solo in favore del personale stabile a tempo indeterminato (e non anche in favore del personale assunto a tempo determinato) viola le disposizioni comunitarie”.
In applicazione del principio di non discriminazione, dunque, l’Anief – attraverso l’operato dei legali Fabio Ganci, Walter Miceli e Salvatore Russo – ottiene la dichiarazione del diritto dei ricorrenti “alla percezione degli incrementi di retribuzione legati all’anzianità di servizio”, considerando tutta la successione di contratti stipulati dai tre docenti sin dal primo contratto a termine con relativi interessi legali dalle singole differenze mensili, fino al saldo.
“Sul risarcimento al lavoratore precario di lungo corso indicato dalla Cassazione da un minimo di due a un massimo di 12 mensilità per abuso dei contratti a termine siamo in attesa del parere della Corte di Giustizia Europea su ricorso sollevato dal tribunale di Trapani”, ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. Aggiunge poi che “quando si parla di lavoro, ancora oggi troppo spesso si continua a non tenere conto dell’articolo 3 della nostra Costituzione che richiama al diritto di uguaglianza tra tutti i cittadini: dal canto nostro, fin dal primo anno della nostra fondazione, il dicembre 2008, abbiamo denunciato alla stampa la disparità di trattamento tra personale precario e di ruolo. Una condizione, tra l’altro, sempre perpetrata dal legislatore e dal sindacato rappresentativo. Ora, finalmente, il vento sta cambiando e i precari possono presentare il conto attraverso le aule di giustizia”.
Al momento, pertanto, l’unica strada per ottenere il risarcimento per la mancata o ritardata stabilizzazione, il mancato conferimento degli scatti di anzianità e l’estensione dei contratti per i periodi estivi, anche per il personale ATA, rimane quella del ricorso in tribunale.