Tra i settori di punta della regione, ricordati in questa intervista dal Presidente di Sicindustria, Giuseppe Catanzaro, figurano agroalimentare, turismo, hi-tech, chimica, farmaceutica, energia, meccanica di precisione e nautica.
Quali sono i punti di forza del vostro tessuto imprenditoriale?
Rispetto al 2007, anno d’inizio della crisi, la Sicilia è tornata lentamente a crescere e a scommettere su ciò che la rende unica in cultura, qualità, tecnologia, specificità del territorio: un patrimonio riconosciuto a livello mondiale che le imprese hanno imparato a valorizzare. A confermarlo i dati sull’export: le eccellenze locali quali i prodotti dell’agricoltura sono cresciuti del 7,3%; così gli alimentari (+8,8%), ma anche la farmaceutica (+47%), la meccanica strumentale (+10,8%), la metallurgia (+25,5%), il tessile e abbigliamento (+22,8%), che insieme pesano per quasi il 25% del totale esportato. Comparti ai quali vanno aggiunti oil e chimici che, nonostante il peso delle instabilità dei mercati nordafricani e mediorientali, da soli valgono oltre il 60% del totale dell’export isolano.
Quante sono le aziende e gli addetti?
Il numero di imprese attive in Sicilia nel 2016, secondo l’ultima rilevazione di Bankitalia, è di 365.594, in calo dello 0,3% rispetto all’anno precedente. Gli occupati dell’industria sono oltre 200 mila, su un totale complessivo di 1.537.628.
Quali sono le specializzazioni del territorio?
Molte imprese in questi anni si sono impegnate a crescere ed innovarsi, a migliorare la qualità e la sicurezza dei prodotti, a valorizzare l’ambiente (il maggior numero delle aziende bio è in Sicilia), a sviluppare marchi e processi di marketing, a fare aggregazione e concentrazione per superare i limiti dimensionali. Sono tutti fattori che hanno consentito alle imprese di essere riconosciute e apprezzate in tutto il mondo. L’agroalimentare non è, però, l’unico ambasciatore del made in Sicily. Di grande importanza anche i comparti legati al turismo, all’hi-tech, alla chimica, alla farmaceutica, all’energia, alla meccanica di precisione e alla nautica.
Cosa vorreste fare per essere un ecosistema sempre più solido e competitivo?
Occorre innanzitutto spingere sulla crescita del tessuto imprenditoriale e quindi incremento in termini di: numero di imprese attive; valore aggiunto dell’industria; investimenti all’estero; capacità di attrarre investimenti esteri; numero di brevetti registrati. Ma per ottenere questi risultati è necessario rendere il territorio competitivo e puntare sull’impresa come creatrice e distributrice di ricchezza e competenze.
Quali sono, secondo lei, i principali ostacoli alla crescita delle piccole e medie aziende?
Attualmente la Pubblica amministrazione siciliana pesa per il 41% alla voce “servizi” a discapito dell’industria. Questo sistema va capovolto. È necessario intervenire affinché la burocrazia sia realmente alleata delle imprese, così come il credito. Aggiungerei anche la necessità di avere una rete infrastrutturale materiale e immateriale più efficiente per poter affrontare la sfida globale.
Quanta familiarità hanno le aziende del territorio relativamente al mercato dei capitali inteso come alternativa al finanziamento bancario?
Finora poca, forse anche per la connotazione del sistema caratterizzato da una presenza elevata di piccole imprese. Oggi però c’è un cambiamento in atto e le aziende più strutturate stanno valutando con sempre maggiore attenzione la possibilità di ricorrere a mercati alternativi rispetto a quelli tradizionali.
Le aziende, secondo lei, sono pronte al cambiamento e ad aprirsi al mercato aderendo al progetto Elite?
Le aziende che hanno resistito alla crisi sono senz’altro quelle che oggi sono pronte a compiere un salto culturale e dimensionale indispensabile per affrontare il mercato globale. Sicindustria ha riscontrato un grande interesse verso il programma Elite che rappresenta una importante opportunità per raggiungere l’obiettivo della crescita.
Le aziende del territorio si stanno internazionalizzando e facendo acquisizioni all’estero?
In questi ultimi anni, in Sicilia è stato fatto tanto sul fronte dell’internazionalizzazione: con più di 7 miliardi di beni venduti all’estero nel 2016, l’export siciliano rappresenta il 16,5% del totale esportato dal Sud Italia. Le imprese aperte ai mercati internazionali sono quelle che hanno acquisito “l’ambizione alla crescita”, anche attraverso la costituzione di filiere produttive secondo logiche di reti o di consorzi export.
Quali sono i fattori che hanno consentito di farlo e quali sono quelli che permettono di farlo di più?
Ricerca e innovazione sono senza dubbio i due perni attorno ai quali ruota la competitività di un’impresa. È su questi che bisogna continua a spingere per incrementare la produttività industriale e rendere le aziende più competitive sui mercati.
Intervista tratta dal sito: https://it.elite-growth.com